A TU PER TU CON ANOSIKE: «SE IO FOSSI PRESIDENTE DEGLI USA...»

«Tutti hanno, intrappolata dentro di sé, dell’energia. Il fatto è che non siamo molto bravi a tirarla fuori».



Scriveva così Bill Bryson tra le pagine di uno dei suoi successi più acclamati, “Breve storia di (quasi) tutto”, pubblicato nel 2003. Una grande verità, forse semplificata, ma che presa fuori dal contesto in cui si era addentrato lo scrittore americano, può essere molto motivante, soprattutto per chi non crede nelle proprie capacità e nei propri talenti. Una consapevolezza, questa, che spesso viene a galla nell'animo delle persone con estremo ritardo, a volte nemmeno si palesa. In altri casi, invece, si manifesta subito.

È questo il caso di Oderah Anosike, soprannominato, guarda caso, “Mr. Energy”. Nato a New York il 3 gennaio del 1991 da genitori di origine nigeriana, O.D., settimo di otto fratelli, si è avvicinato al basket fin da quando era bambino.



«È stato tutto molto naturale per me -racconta il centro biancorosso-. Due dei miei fratelli più grandi già giocavano a basket (la sorella, Nicky, è stata anche professionista nella WNBA, ndr) e quindi ero a contatto con la palla a spicchi quotidianamente; quando sono cresciuto e ho “scoperto” di essere bravo, ho cominciato a pensare con insistenza che avrei potuto intraprendere la carriera professionistica. Alla fine, allenandomi con costanza e professionalità, ce l'ho fatta. Devo ringraziare i miei fratelli che mi hanno dato le giuste “dritte” fin da subito. Questo è il bello di vivere in una famiglia così numerosa: ti permette di imparare molte cose nella maniera più rapida possibile, trovando protezione in ogni momento di bisogno o sconforto».



Dopo gli anni alla St. Peter's Boys High School, Anosike gioca per i Saints di Siena dove stabilisce il record di 17 doppie-doppie consecutive diventando uno dei migliori rimbalzisti della nazione a livello collegiale.

«-racconta- ho passato gli anni più belli della mia vita. Non solo perché riuscimmo a vincere il campionato nel mio anno da freshman, ma anche perché quell'esperienza mi fu estremamente utile per diventare un giocatore “vero” ed una persona migliore. L'atmosfera durante le partite a Siena era incredibile; non la dimenticherò mai così come non dimenticherò mai l'emozione del mio debutto in squadra».



La strada è spianata, ma il sogno NBA rimane solo tale. Dopo la Summer League con i Denver Nuggets, però, nell’agosto 2013 si aprono le porte dell'Europa. Ad accorgersi di lui è proprio l'Italia. Mai O.D. avrebbe immaginato che il Bel Paese sarebbe diventato la sua seconda casa.

«Pesaro è stata la squadra che mi ha dato la possibilità di mettermi in mostra. Ambientarmi all'inizio è stato difficile: tra America ed Europa c'è una differenza culturale importante. Oltreoceano la gente va al palazzetto per godersi lo show mentre qui si vive con passione per il risultato; mi piace questo aspetto perché dà una carica in più a chi scende in campo, dà maggiori responsabilità, trasmette, forse, più energia. Dopo l'esperienza alla Vuelle sono andato ad Avellino, dove ho giocato con giocatori di altissimo livello, Brindisi e, ora, Varese. Qui mi trovo molto bene; è il posto ideale dove coltivare i miei hobby: la lettura, lo shopping e, ovviamente, il cibo. Non posso rinunciare alla “mia” pasta al ragù».



Tutte esperienze che hanno un filo comune: i rimbalzi.

«In una squadra ci sono diversi tipi di giocatori. Io non sono mai stato uno di quelli più talentuosi, ma ho sempre combattuto dando il 110%. I rimbalzi sono lotta, energia, cuore; ecco perché per me è più importante riuscire a prendere tanti rimbalzi piuttosto che provare a segnare tanti punti. Fare canestro è un fattore che può dipendere da partita a partita; la lotta a rimbalzo no, quella non deve mai mancare, dipende solo da te e dalla fame che metti in campo. È tutto una questione di energia; l'anno scorso a Brindisi mi chiamavano “Mr. Energy”, un soprannome che rispecchia la mia filosofia di vita perché si adatta sia all'Oderah “giocatore”, quello che in campo è combattivo, sia all'Oderah “uomo”, quello che fuori dal campo sorride e cerca di trasmettere positività in ogni momento».



I 4 anni in Italia non ti tengono lontano dalla tua vera casa, l'America.

«Non posso fare a meno di sentire la mia famiglia tutte le volte che posso. Poi, compatibilmente con i miei impegni, seguo tutto lo sport americano. Sono tifoso di tutte le squadre newyorkesi: i Knicks in NBA, i Giants in NFL, gli Yankees in MLB. Non perdo mai l'occasione di seguire le vicende che si susseguono nel mio paese, qualunque esse siano. Ultime, in ordine di tempo, le elezioni vinte da Trump. Non voglio entrare nel merito delle sue ideologie, credo però che si debba giudicare a mandato scaduto; solo allora potremo capire se ha lavorato bene oppure no. Deve avere l'opportunità, così come tutti, di dimostrare il suo valore. Se io fossi presidente? Mi piacerebbe aiutare le persone degli altri continenti a raggiungere l'America con più facilità snellendo e semplificando le procedure per ottenere il visto».